IL CASTELLO – LA TORRE – L’ARCO

Il Castello e la torre
Il Castello e la torre

Sulla collina alle spalle dell’attuale capoluogo sorse verso il IX-X secolo una fortificazione, di cui oggi restano le rovine della Torre. Nel 1286 venne probabilmente eretto un nuovo edificio, poi franato, e Federico Saluzzo tra il XIV ed il XV secolo ne costruì un altro, noto come “Castello del Conte”, infeudandolo ai Monterosso di Valgrana.

Dopo un lungo periodo di lotte tra i Marchesi di Saluzzo, Cuneo e gli Angiò, nel 1357 il paese divenne parte dei Feudi di Eustachio di Saluzzo. Il Castello, che si raggiunge dopo aver attraversato il bel ponte in pietra ad arcata unica, fu trasformato in dimora signorile nel XVII secolo, inglobando le vecchie strutture tre-quattrocentesche rintracciabili in alcuni muraglioni in pietra e nella massiccia torre quadrata, la parte più imponente dell’intero edificio.

Il conte Alessandro Saluzzo nel 1662 fece costruire la cappella ottagonale attigua al palazzo Castello. Nel cortile è murato un frammento di lapide romana in travertino del II secolo con la scritta IMP C/PART/SARM, appellativi imperiali “ex virtute”, e dietro l’arco in muratura restano tracce di affreschi medievali.

Attualmente il castello e la torre sono di proprietà privata, mentre l’arco monumentale, recentemente restaurato, è di proprietà comunale.

IL VECCHIO MULINO – LA TURBINA IDRAULICA – LA FUCINA DEL FABBRO

Il Mulino
Il Mulino
La fucina del Fabbro
La fucina del Fabbro
La fucina del Fabbro
La fucina del Fabbro
Il maglio
Il maglio

Nel centro di Monterosso sono ancora presenti importanti testimonianze legate alle attività di sfruttamento idrico, integre sia nel profilo edilizio che in quello impiantistico.

Il VECCHIO MULINO ha origini antiche, davanti gli si presentavano le persone per farsi macinare il poco grano o meliga che avevano per poter sopravvivere; grazie alla macinazione la popolazione poteva mangiare con i prodotti derivanti delle farine.

Il Mulino era condotto dalla famiglia Armando, tramandato di padre in figlio e di generazione in generazione. Il proprietario più anziano di questa famiglia si chiamava Armando Spirito. Egli, grazie all’utilizzo della forza dell’acqua incanalata in appositi canali, riusciva a mettere in moto le ruote di pietra una sopra l’altra e grazie a questo movimento il frumento veniva incanalato nelle pietre dall’esterno verso l’interno diventando farina.

Con lo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale il mulino venne chiuso dalla famiglia per paura di rappresaglie e furti, ma continuarono a macinare di nascosto, essendo l’unica attività che riusciva a sfamare la loro famiglia, se pur correndo molti rischi. 

Le piccole popolazioni montanare stremate dalla guerra e dall’invasione tedesca che a stento riuscivano a vivere con il poco che avevano vedevano il mulino come unico spiraglio di salvezza. Esso non macinava solo per la popolazione ma anche per il sostentamento dei gruppi partigiani presenti sulle nostre montagne, il che poteva costituire un problema serio perché se si veniva sorpresi ad aiutare i gruppi partigiani in qualsiasi modo, si veniva giustiziati cioè, nella peggiore delle ipotesi, fucilati dai gruppi delle “camicie nere”. 

Si può quindi immaginare quanto questo mulino abbia avuto un ruolo fondamentale nella vita dei nostri paesini.

La famiglia dichiarò la sua vera riapertura nel 1946 alla fine della guerra.

Negli ultimi anni il mulino ha funzionato solo più parzialmente; con la vecchiaia la famiglia Armando non riuscì più a condurre il mulino e i famigliari lavorando in città lasciarono l’attività di famiglia.

Il mulino fu chiuso definitivamente negli anni 90.

Negli anni 30 al vecchio mulino venne associata una TURBINA IDRAULICA (Pelton): l’acqua, dopo aver messo in movimento il mulino, veniva incanalata e spinta sulle pale di questa turbina che mettendosi in movimento producevano corrente elettrica poi distribuita ai paesini circostanti grazie ad una primitiva rete di distribuzione di tensione a 120 V. La tensione generata, anche se minima, riusciva ad alimentare tutte le case dei piccoli paesini circostanti, Monterosso, Frise, San Pietro, Santa Lucia.

La turbina venne dismessa con l’arrivo della nuova linea portatrice di corrente arrivata negli anni 60 che riusciva a soddisfare tutti i fabbisogni delle famiglie. Il progresso ha portato in casa delle famiglie nuovi elettrodomestici: frigoriferi, lavatrici, ecc. che la piccola turbina del mulino non riusciva più a soddisfare. 

L’acqua, dopo aver generato il movimento nella turbina, veniva convogliata in un canale di scolo propriamente costruito per farla defluire nel torrente Grana; questa fuoriuscita nel fiume era comandata da serramenti a mano i quali, se chiusi, consentivano il trasporto dell’acqua nella vicina casa del FABBRO, il quale utilizzava la forza dell’acqua per dare movimento di battuta al “maglio”.

Il martinetto Massa (dal nome dei proprietari) era già citato nei censimenti francesi di inizio Ottocento e ha protratto la sua attività fino agli anni 80 del Novecento. Localizzato in un’area di indubbio valore storico e ambientale per la sua prossimità al castello e all’antico ponte in pietra sul Grana, ad oggi rappresenta una importante testimonianza dell’attività locale di lavorazione del ferro, con il suo apparato costituito da un grosso martinetto con maglio a testa d’asino, azionato da una ruota idraulica esterna. All’interno si trovano ancora le due forge per il riscaldamento del ferro, una serie di pulegge che permettevano di azionare alcune mole e un trapano esterno e un interessante campionario di utensili.

Oggi, mulino e fucina, sono di proprietà privata, visitabili su richiesta.

LA PARROCCHIALE DI SAN GIACOMO

Campanile chiesa di S. Giacomo
Campanile chiesa di S. Giacomo

La parrocchia del Borgato venne staccata da quella di San Pietro nel 1649 e nelle forme attuali risale al 1724-1728. Dedicata a San Giacomo Maggiore su disegno di Fra Giacinto Pio da Poncino, sorse in sostituzione dell’inadeguato edificio seicentesco, di cui si conservano soltanto 15 formelle opera di Lelio Scaffa, pittore attivo in area cuneese, con le storie della vita della Vergine e di Cristo per l’altare della Vergine del Rosario. La parrocchiale custodisce quattro tele pregiate del Lorenzone con il cuore di Gesù, cuore immacolato di Maria, Madonna del Buon Consiglio e San Rocco. Un pregevole acquasantino esagonale reca la scritta “Credo in Deum Patrem Omnipotentem”.

SAN PIETRO

San Pietro dallalto
San Pietro dall'alto
San Pietro
San Pietro

La frazione si raggiunge imboccando, all’altezza della frazione Levata, il vallone di Coumboscuro che sorge sulla sinistra della Provinciale. L’antica chiesa, eretta tra l’VIII e il XII secolo dai Benedettini come Priorato dipendente da San Teofredo di Le Puy, divenne parrocchia nel XIV.

Era intitolata agli apostoli Pietro e Paolo; poiché il 29 giugno, giorno della ricorrenza, la popolazione era impiegata nei campi e al pascolo, si cambiò la titolazione a San Pietro in Vincoli, festeggiato il primo agosto. La primigenia chiesa fu distrutta dai Saraceni; ricostruita, nel ‘600 fu incendiata insieme al paese dai Francesi; del periodo più antico conserva il campanile gotico sormontato da cuspide a cipolla, aggiunta ottocentesca, un fonte battesimale dei Fratelli Zabreri datato 1456 e un’antica acquasantiera in pietra con la scritta “asparges me” in caratteri gotici.

L’attuale parrocchiale, completata nel 1687-1698, presenta cinque altari e la volta, decorata nel 1861, rappresenta la nascita della chiesa apostolica romana. Sul muro esterno una meridiana del 1824 recita “Chi dell’ora non si cura il suo ben sempre trascura”. Di fronte alla parrocchia sorge un affresco del 1772 con l’Annunciazione.

LA MADONNA DELLA NEVE

Madonna della Neve

La cappella della Madonna della Neve, un tempo detta Santa Fontana, sarebbe stata fatta costruire dai Benedettini del Priorato di Santa Maria della Valle: sorge sulla collina ed è imponente, con due altari laterali, ma priva di affreschi e dipinti, forse in accordo con le regole di quell’ordine. Qui sorgeva il cimitero dei bambini non battezzati. L’attuale facciata barocca è intonacata di bianco e sul retro sorgono il piccolo campanile e l’antica abitazione dell’eremita.

ESCURSIONE  PASSEGGIATA A MADONNA DELLA NEVE

LA CAPPELLA DI SAN SEBASTIANO

San Sebastiano
San Sebastiano
Cappella di San Sebastiano - Interno
Cappella di San Sebastiano - Interno

Accanto al cimitero, all’ingresso del paese, sorge l’oratorio campestre di San Sebastiano: la scelta del protettore dal contagio della peste fa presumere che sia stato edificato in occasione di un’epidemia. Il nucleo originario venne ampliato nel XVIII secolo con il prolungamento dell’aula che ne modificò l’aspetto: anticamente infatti doveva trattarsi di una cappella aperta con due grandi arcate a tutto sesto e due pareti chiuse. L’interno della Cappella fu interamente decorato nel 1468 da Pietro da Saluzzo, chiamato ad operare qui dai commenti Giacomo e Gioffredo Saluzzo – Valgrana, feudatari del luogo nel secondo Quattrocento, come attesterebbe la presenza di due corone comitali all’interno dell’arco d’ingresso.

Sulla volta a crociera trovano spazio gli Evangelisti, originalmente seduti su cuscini “en plein air”, ciascuno di loro accompagnato dal proprio animale – simbolo apocalittico, e ripreso nell’atto consueto di vergare un verso di Vangelo su di un cartiglio. Sulla parete d’altare compare un’elegante Madonna in trono col Bambino; Evangelisti e Vergine costituiscono uno degli esempi più alti raggiunti dal Gotico internazionale piemontese. Alla sinistra della Vergine sono raffigurati San Nicola di Bari e forse San Costanzo; alla destra è rappresentato San Sebastiano trafitto dalle frecce, e sulla parete di destra della Cappella seguono le scene del martirio. Alla base dell’arco laterale che si affaccia sulla strada è posta l’iscrizione con la data dell’opera e nei sottarchi sono raffigurate Santa Barbara, che regge la torre in cui fu rinchiusa dal padre, Santa Cristina, Santa Prassede e una santa non identificata.

SANTA CROCE E SAN ROCCO

Santa Croce - San Rocco
Santa Croce - San Rocco

L’antico castello di San Pietro, dotato forse di torre di vedetta e risalente al XII secolo, sarebbe sorto sul poggio occupato poi da un edificio sacro: in un documento del 1593 si cita una cappella dedicata a Santa Croce e nel 1630 si delibera di costruire quella di San Rocco per chiedere protezione della peste. Nel 1649, quando la parrocchia del capoluogo “Bourgat” si separò da quella di San Pietro, la cappella rimase comproprietà dei due comuni: una grande croce rogazionale in legno è posta sul sagrato e forse da lì è derivato il soprannome di Santa Croce.

LE CAVE DI ARDESIA

Laouziere - cave
Laouziere - cave

Nei valloni di Frise e San Pietro erano ben 11 le cave di ardesia attive con manodopera locale, i “Laouzatìe”. Le lastre in pietra a partire del XVII secolo iniziano a sostituire la paglia nella copertura dei tetti, e l’attività di estrazione, anche grazie all’ottima qualità della pietra locale, conosce grande sviluppo. Il primo sito è la cava nota come “Laouzet”, fino al 1750 sfruttata solo per esigenze locali; è del 1778 la prima grande commercializzazione di lose fuori dal comune, per il tetto della Parrocchiale a Caraglio. Nel 1850 si aggiunge un nuovo sito estrattivo, la “Ruero di Frise”, che in pochi anni diverrà il principale anche grazie alla possibilità di trasformare le cave a cielo aperto in miniere in galleria. Negli anni 50 si ha la massima fioritura delle attività, che inizia a decrescere con l’emigrazione di giovani in pianura. L’estrazione cessa nel 1983.

Oggi le cave si possono raggiungere con un trekking che parte da San Pietro.

ESCURSIONE VIÒL DEI LAOUZATÌE

SANTA LUCIA DI COUMBOSCURO

Santa Lucia - Coumboscuro
Santa Lucia - Coumboscuro
Santa Lucia in autunno
Santa Lucia in autunno

La frazione di Santa Lucia sorge nel Vallone omonimo; qui venne edificata una cappella benedettina. Oggi la chiesa parrocchiale dedicata alla Santa presenta un campanile romanico a due ordini di monofore e uno di bifore, e all’interno interessanti sculture sacre contemporanee.

Di particolare rilievo le opere di Bernard Damiano, nato a Saretto ed intagliatore, dedicatosi tutta la vita al disegno e alla scultura in legno in Italia ed in Europa. Nel 1994 dona alla Parrocchiale di Sancto Lucio i 14 dipinti della Passione e Lou Crist Sagnànt, crocifisso ligneo di grande drammaticità plastica; muore nel 2000.

Damiano, insieme a Beppe Viada di Cuneo, sarà anche maestro di Pietro Rosso, “Peire Rous”, della Borgata Rossi Primi di Coumboscuro e fondatore dell’ “Ateìe d’art Coumboscuro”. A Sancto Lucio restano le due statue del Cristo ai piedi del campanile e a monte della chiesa. L’altare ligneo della chiesa è arricchito da un suo bassorilievo e da un piccolo crocifisso in noce.

Nel 1958 è nato qui il Centro Internazionale di Cultura Coumboscuro Centre Prouvençal (http://www.coumboscuro.org), prima organizzazione ufficiale per la tutela e valorizzazione della cultura provenzale, che nel 1962 ha iniziato a pubblicare il periodico “Coumboscuro”, tutt’ora edito. Il centro organizza manifestazioni musicali, eventi come Roumiage e il Festenal, e gestisce il “Museo Etnografico della Civiltà Provenzale Alpina”, che conserva attrezzi di uso quotidiano in montagna da metà ‘800, e il Centro di Documentazione dedicato alla cultura e alla lingua provenzale, alla musica tradizionale e alle lingue e minoranze etniche dell’Europa, con biblioteca, sala video e musica, salone per conferenze e mostre.

IL VALLONE DI FRISE

San Bartolomeo - Frise
San Bartolomeo - Frise

Dalla frazione Saretto si diramano due vallonetti, quello di Coumboscuro e quello di Frise. La parrocchiale di San Giovanni Battista, citata già nel 1592, fu riedificata radicalmente nel 1730 su progetto del cuneese Giovanni Tommaso Eula e grazie al lavoro del capomastro Andrea Felix. Venne staccata da quella di San Pietro in Monterosso nel 1907. In borgata Figliere è possibile ammirare un affresco di Giors Boneto datato 1787 e raffigurante la Vergine col Bambino tra Sant’Anna e San Magno; sullo sfondo una chiesa potrebbe essere quella di San Pietro. In borgata Malan nel 1782 sempre il Boneto affresca un ex-voto con una mucca che calpesta una culla.

Anche il vallone di Frise, ancora molto abitato e con un’ottima esposizione al sole, offre numerosi sentieri e paesaggi incantevoli.

Frazione Frise
Frazione Frise
Le montagne del Frise
Le montagne del Frise

GIORS BONETO

Pilone della Combetta
Pilone della Combetta

Sono numerose nel comune le opere di Giors Boneto, pittore itinerante di Paesana. In borgata Combetta si trova un affresco con la Vergine e il Bambino, tra i Santi Antonio Abate e Pietro; in Borgata Damiani Vergine e Bambino sono posti tra due santi non identificabili. In borgata La Rossa dipinse una Vergine con Bambino e San Chiaffredo; ai Rossi Superiori Vergine e Bambino circondati dal Battista e da San Giuseppe; a Coumbal Martin nel 1784 realizzò lo Spirito Santo tra Sant’Antonio Abate e il Battista, e a Santo Lucio, in frazione Ruà, una Madonna con Bambino e un santo martire tebeo. In borgata Ollasca Sottana affrescò nel 1806 una Madonna con Bambino e i Santi Magno e Sebastiano; nello stesso anno una Madonna con Bambino tra i santi Costanzo e Anna. Curioso per la tecnica è l’affresco in rilievo a Ollasca di Mezzo, con Vergine, Bambino, San Michele e un santo martire; nel 1806 sempre qui realizzò un Cristo in croce tra cinque Santi.

Pilone borg. Damiani
Pilone borg. Damiani
Pilone borg. Ollasca Mezzana
Pilone borg. Ollasca Mezzana

L'ECOMUSEO TERRA DEL CASTELMAGNO

Ecomuseo Terra del Castelmagno_CREDIT Adriana Oberto
Ecomuseo Terra del Castelmagno_CREDIT Adriana Oberto

L’Ecomuseo Terra del Castelmagno nasce nel 2007 dalla volontà dell’associazione culturale La Cevitou, e istituito dalla Regione Piemonte, per ripristinare antichi percorsi di collegamento, evidenziare luoghi, valorizzare attività tradizionali e far scoprire le specificità delle nostre terre. Un progetto integrato rivolto non solo al mondo del Castelmagno, ma anche a tutte quelle attività che caratterizzano l’economia di valle: l’architettura, la lavorazione del legno, l’estrazione delle ardesie, la coltivazione e macinazione di cereali e castagne, le fucine e la vecchia centrale idroelettrica.

(https://www.terradelcastelmagno.it/)

Ecomuseo Terra del Castelmagno
Ecomuseo Terra del Castelmagno
Logo Ecomuseo Terra del Castelmagno
Logo Ecomuseo Terra del Castelmagno

MUSEO TERRA DEL CASTELMAGNO

Il museo Terra del Castelmagno è uno spazio dedicato all’omonimo Ecomuseo. Racchiude in sé l’interpretazione del patrimonio condotta dalla comunità locale, per fornire un’ampia panoramica sull’alta valle. È un museo nato per raccontare una comunità e mostrarne il patrimonio storico-culturale, con l’obiettivo di restituire una chiave di lettura per il territorio che lo circonda: installazioni, tecnologie immersive e pannelli esplicativi vi accompagneranno alla scoperta di conoscenze tramandate di generazione in generazione.

Per info ecomuseo@terradelcastelmagno.it 

I BABACIU DI SAN PIETRO

Babaciu di San Pietro
Babaciu di San Pietro

I Babaciu sono fantocci a grandezza naturale in paglia e materiali di recupero che dal 2003 popolano case e angoli di San Pietro di Monterosso. Sono stati realizzati da Graziella Menardo e Vittorio Luciano, da un’idea dell’associazione La Cevitou, per stupire i visitatori in occasione della festa patronale, ma non hanno più lasciato il paese, trasformandolo in un museo a cielo aperto: il “País senso Témp”, il Paese senza tempo. Raccontano storie, mestieri, vite passate, forse nemmeno troppo diverse dalle vite di chi in montagna ancora oggi decide di vivere e lavorarci.

Per info ecomuseo@terradelcastelmagno.it